Gli scienziati e gli astrologi monitorano lo spazio ogni giorno, alla ricerca di possibili minacce per il nostro pianeta. Tra queste, le più spaventose restano i meteoriti che rischiano di orbitare verso la terra: gli scenari in tal caso potrebbero essere catastrofici e potrebbero significare la nostra estinzione se non si interviene in tempo. Lo sappiamo anche grazie all’osservazione degli altri pianeti.
Kepler-1655 b è un esopianeta simile a Nettuno che orbita attorno a una stella di tipo F. La sua massa è di 5 Terre, impiega 11,9 giorni per completare un’orbita della sua stella e dista 0,103 UA dalla sua stella. La sua scoperta è stata annunciata nel 2018. Questo pianeta può essere colpito da un corpo celeste tra “solo” tre milioni di anni, e pertanto il suo studio potrebbe darci informazioni importantissime sul futuro del nostro pianeta.
Nel nostro sistema solare, vediamo una netta transizione tra i pianeti interni, che sono piccoli (Rp ≤ 1 R⊕) e rocciosi, e i pianeti esterni che sono più grandi (Rp ≥ 3,88 R⊕), molto più massicci e hanno involucri spessi e gassosi. Per gli esopianeti con raggio intermedio a quello della Terra (1 R⊕) e di Nettuno (3,88 R⊕), diversi fattori contribuiscono a determinare se i pianeti acquisiscono o mantengono uno spesso involucro gassoso.
Il flusso di apertura semplice (SAP) mostra grandi variazioni a lungo termine sulla scala temporale di un quarto di Keplero a causa dell’aberrazione della velocità differenziale, che senza un’adeguata rimozione oscura i segnali astrofisici di rotazione stellare piccoli come quelli previsti per Kepler-1655. La riduzione Presearch Data Conditioning (PDC) rispetto a Data Release 25 (DR25) non ha eliminato completamente queste tendenze a lungo termine a causa di una scelta inadeguata di pixel di apertura.
Nel caso di Kepler-1655b, tuttavia, non rileviamo il movimento riflesso del pianeta ad alta significatività attraverso le nostre osservazioni RV HARPS-N